Crescere fa parte della vita, ed è un processo continuo e inevitabile. Sinteticamente potremmo riassumere la vita dell'uomo in quattro fasi: infanzia, adolescenza, età adulta e senilità. Gradini ben demarcati dal punto di vista fisico, ma meno segnati sul piano interiore, tanto è vero che non sempre è semplice riconoscere quand'è che si diventa grandi.
E questo perché oggigiorno i riti di passaggio non esistono più, o almeno non sono vissuti con l'intensità di un tempo.
Ma cos'è un rito di passaggio?
E' una situazione in cui ci si mette fortemente alla prova, dove per la prima volta non abbiamo più la protezione genitoriale, e magari abbiamo anche a che fare con il manifestarsi della morte.
Un esempio di questo era la leva militare, quando ancora era obbligatoria. Piena di emozioni intense, di ogni tipo. Da soli a fare i conti con la vita.
Un altro esempio è il matrimonio: dove si abbandona il nido e si vola per formare un nuovo nucleo famigliare, fuori dalla propria comfort zone, con nuove responsabilità. E oggi, si sà, quest'evento si posticipa sempre più ad un'età matura.
Oramai è considerato normale vedere mamme divenire tali dopo i trenta e più vicino agli "anta" -nonostante l'età biologica spinga in direzione opposta- e uomini che diventano padri solo dopo i quaranta, con la conseguenza che anche la maturità interiore la si raggionge con più fatica e con più ansie, soprattutto con meno coraggio.
Eppure, sebbene viviamo in epoca di ribellione intergenerazionale (forse dove c'è la massima espressione di questa divergenza) c'è una totale inettitudine delle giovani generazioni -di cui faccio parte- a prendere il posto di quelle precedenti o ad uscire dall'ala protettiva.
Questo perché la società moderna, con il paradigma del consumismo, dell'avere, dell'apparire, ha creato un mondo parallelo che si discosta dagli eventi segnanti della vita, e porta così ad un appiattimento delle proprie azioni. Proprio oggi che paradossalmente avremmo tutti gli strumenti necessari grazie alla tecnologia per fare grandi cose! Invece siamo molto più pigri e refrattari all'assumerci le nostre responsabilità, a raggiungere uno stato di maturità.
Allora, gli stimoli non possono cadere dal cielo, soprattutto se l'esterno attorno a noi è una campana di vetro. Ma devono venire da dentro, senza aspettare che le cose cambino o che qualcuno ci consegni le chiavi della macchina.
Bisogna agire per affacciarsi alla vita.
E questo perché oggigiorno i riti di passaggio non esistono più, o almeno non sono vissuti con l'intensità di un tempo.
Ma cos'è un rito di passaggio?
E' una situazione in cui ci si mette fortemente alla prova, dove per la prima volta non abbiamo più la protezione genitoriale, e magari abbiamo anche a che fare con il manifestarsi della morte.
Un esempio di questo era la leva militare, quando ancora era obbligatoria. Piena di emozioni intense, di ogni tipo. Da soli a fare i conti con la vita.
Un altro esempio è il matrimonio: dove si abbandona il nido e si vola per formare un nuovo nucleo famigliare, fuori dalla propria comfort zone, con nuove responsabilità. E oggi, si sà, quest'evento si posticipa sempre più ad un'età matura.
Oramai è considerato normale vedere mamme divenire tali dopo i trenta e più vicino agli "anta" -nonostante l'età biologica spinga in direzione opposta- e uomini che diventano padri solo dopo i quaranta, con la conseguenza che anche la maturità interiore la si raggionge con più fatica e con più ansie, soprattutto con meno coraggio.
Eppure, sebbene viviamo in epoca di ribellione intergenerazionale (forse dove c'è la massima espressione di questa divergenza) c'è una totale inettitudine delle giovani generazioni -di cui faccio parte- a prendere il posto di quelle precedenti o ad uscire dall'ala protettiva.
Questo perché la società moderna, con il paradigma del consumismo, dell'avere, dell'apparire, ha creato un mondo parallelo che si discosta dagli eventi segnanti della vita, e porta così ad un appiattimento delle proprie azioni. Proprio oggi che paradossalmente avremmo tutti gli strumenti necessari grazie alla tecnologia per fare grandi cose! Invece siamo molto più pigri e refrattari all'assumerci le nostre responsabilità, a raggiungere uno stato di maturità.
Allora, gli stimoli non possono cadere dal cielo, soprattutto se l'esterno attorno a noi è una campana di vetro. Ma devono venire da dentro, senza aspettare che le cose cambino o che qualcuno ci consegni le chiavi della macchina.
Bisogna agire per affacciarsi alla vita.
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