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martedì 28 luglio 2015

Un quadro da ridipingere

Donald Trump show. Non passa giorno che la corsa alla presidenza della casa bianca si colori dell'attenzione che quest'uomo attira a sé. Molto discussa è la sua mastodontica idea per abbassare la criminalità nel Paese: erigere un muro fra gli States e il Messico. La grande muraglia d'America
Sembra quasi un'Era remota quando Berlino era spaccata in due, e invece un problema di 26 anni fa è più attuale che mai -l'Ungheria di recente aveva proposto di fare lo stesso sui propri confini. Deve esserci un nuovo virus nell'aria.

E mentre la Clinton concentra la sua campagna elettorale parlando di ambiente, è già nel dimenticatoio la notizia dell'ennesima tragedia in un cinema della Lousiana, dove a meno di un mese di distanza dal caso Dylan Roof, un altro uomo armato ammazza due persone, ferendone altre sette, e suicidandosi in fine. 
Obama è tornato quindi a parlare della sua più grande sconfitta in questi quasi otto anni di governo: il non aver fatto alcuna legge per limitare la circolazione delle armi. Un episodio già visto.

Ma anche l'Europa non è da meno, con la sua Unione poco unita, e una crisi che domina da anni alimentando la differenza fra ricchi e poveri, ma soprattutto aumentando la platea di quest'ultimi.

E l'Asia, che finora era guidata dalla crescita della Cina, subisce tutte le ripercussioni della crisi dei mercati. L'ennesima bolla finanziaria, parte del gioco capitalistico. 

Il mondo globalizzato di per sé è un bel sogno, ma così come l'abbiamo concepito non va bene affatto. E' sotto gli occhi di tutti.

Ci sono cambiamenti da infondere, soprattutto nel mondo depersonalizzante della finanza che affanna i popoli, perché assurdamente è da qui che partono le decisioni dei potenti, mentre il procedimento dovrebbe essere sensatamente inverso.
E comunque stare attenti a non fomentare nazionalismi e sentimenti razzisti, frutto di egoismi e frustrazioni personali, non dimenticandosi di ispirare fiducia e di progettare nuove realtà, di sognare, non pensando solo al nostro giardino ma anche a ciò che accade ai confine della Terra. Magari anche dell'universo.



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sabato 20 giugno 2015

Dylan Roof, l'assassino di Charleston

Ancora una volta gli Stati Uniti si rendono protagonisti di un episodio di violenza, terrorismo, odio razziale.
Dylan Roof, 21 anni, ha sparato e spento le vite di nove persone di colore -sei donne e tre uomini- presso la "historic black church" in Charleston, South Carolina. 

Dopo una notte passata in fuga, l'assassino viene preso dalla polizia e fatto confessare. Da lì a poco l'omicida spiegherà che il suo scopo era quello di dare inizio ad una guerra razziale

Il Dipartimento di Giustizia Americano adesso sta valutando il crimine sotto ogni sua angolazione. 
In ballo c'è un forte dibattito interno sul come considerare il delitto: 
crimine d'odio o atto di terrorismo?
Secondo alcuni, la questione è più politica che pratica - magari se fosse successo al di fuori del suolo americano sarebbe stato bollato immediatamente come atto terroristico, ma siccome è avvenuto negli States un simile episodio non è ammissibile. Non è ammissibile un fondamentalismo radicato tale da essere paragonato a quello islamico.

Obama, sull'onda emotiva, cerca di intavolare nel frattempo una discussione sulla troppa libertà che è concessa alla circolazione delle armi, ma forse sarebbe anche il caso di interrogarsi sulla salute psichica delle nostre società occidentali, e sullo stile di vita che conduciamo, spesso incentrato su personalismi ed egoismi. Invito valido anche per noi cugini europei (vedi questione immigrati).

Ad ogni modo, le uccisioni sono state commesse nella notte di mercoledì, e adesso l'uomo (se così vogliamo definirlo) si trova in cella, in attesa di una sentenza che con tutta probabilità lo condannerà alla pena di morte. 






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