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domenica 4 ottobre 2015

Jobs act, disoccupazione in calo

In queste ultime settimane la televisione di Stato (e quella privata) ci ha irraggiato di "positività": 
disoccupazione sotto la soglia del 12%, trionfo del jobs act.
Per Renzi e seguaci gaudium magnum est! 

Non faccio parte dell'esercito dei gufi, come ama Renzi definire chiunque sia bastian contrario (che poi questi poveri gufi che hanno fatto tanto di male?), e non vedo di cattivo gusto il jobs act, ma sono comunque cauto. E allora aspetto, prima di capire le reali conseguenze della riforma sul mondo del lavoro -che tanto dipende dai mercati nazionali e internazionali. 

Una parziale riduzione della disoccupazione c'è stata, ed è meglio di niente. 
Ma meglio è approfondire e vedere i numeri che cosa ci raccontino:

Allora visitiamo il sito dell' ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) e spulciamo un po' di dati -visto e considerato che lo sport preferito dei politici è il tiro random dei numeri!- giusto per vedere se ci vogliano infinocchiare o meno.

Bene. La prima cosa di cui ci renderemo conto è che la disoccupazione di agosto, rispetto al mese di luglio, è stata in calo dello 0,1 % (quindi il tasso è del 11,9%), e in secondo luogo, vedremo che l'aumento di tale occupazione sia da attribuirsi al turismo! 
Quindi, seppur un incremento di posti nei settori "ristorazione e alberghi" (e servizi connessi) sia avvenuto davvero, nulla possiamo dire sul futuro dei neo assunti:
L'estate è finita e il turismo torna a casa, cosa succederà?

E che vi è del settore industriale-manufatturiero (che detto fra noi è quello che veramente conta, l'ossatura del Paese), quello su cui la riforma dovrebbe far davvero colpo?
Nulla (o quasi).

Ecco, questa è la reale dimensione del jobs act ad oggi: il nulla (o quasi).
Ma si spera il meglio.

Propongo di prendere la sana abitudine di frequentare l'Istat più spesso di sempre. 


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venerdì 12 giugno 2015

Renzi il Riformatore

Oggi mi trovo a scrivere una cosa abbastanza odiosa, mi tocca prendere le difese di Renzi e di tutti quei tiranetti (bada bene che non parlo di Renzi) o aspiranti tali (adesso sì, parlo di Renzi).

La democrazia non è un modo di esercitare il potere efficiente, e non sono l'unico a pensarla in questo modo, c'è addirittura chi ha matematicamente teorizzato questa idea (vedi Arrow), infatti con l'alternanza dei partiti al governo praticamente non c'è continuità decisionale, e in un parlamento come il nostro dove il governo conta quello che conta -praticamente come una mano senza dita- in cinque anni di legislatura (se poi si arriva a fine legislatura!) i risultati che si portano a casa sono quisquilie. Ecco  perché anche alla prossima campagna elettorale sentiremo parlare di riforme.


Renzi non è uno statista, un genio, un illuminato, un santo, o un dotto, però si trova al governo e qualcosa deve pur fare. Scusatemi tanto se allora fra la paralisi e una decisione sbagliata, preferisco di gran lunga la seconda opzione: un sasso che smuova l'acqua dello stagno. 


Certo è che l'italicum non sia la perfezione e che la buona scuola crei clientelismo, ma non mi pare che lo cose allo stato attuale siano più felici o che qualcun altro di pitagorico intelletto abbia partorito e concretizzato geometrie migliori. Allora, sulla base di queste considerazione, vi dico solo una cosa: parliamone...


Questo post, ci tengo a precisare, non è affatto pro-Renzi,  anzi, se al governo ci fosse stato Berlusconi o un Di Battista, avrei detto le stesse cose. 

Abbiamo bisogno di prendere delle decisioni, di più fatti e meno belle parole: Viva Kim Jong-Un!






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